Quasi tutte le università italiane prevedono nei loro regolamenti interni la possibilità di farsi carico della procedura di deposito di brevetti per conto del personale dipendente, di docenti, ricercatori, studenti e dottorandi.

Università e brevetti sono infatti un binomio consolidato, soprattutto considerando che un’università ricopre un ruolo importante oltre che nella docenza anche e soprattutto nell’ambito della ricerca, la quale a sua volta sfocia appunto in brevetti estremamente innovativi.

Gli atenei investono in ricerca ogni anno ingenti somme di denaro e normalmente contano al loro interno su centinaia di ricercatori (in alcune università i ricercatori sono migliaia), dipendenti tecnici, docenti attivi nella ricerca e ricercatori in formazione.

In tal modo le università Italiane favoriscono lo sviluppo delle idee innovative occupandosi di brevettarle e, successivamente, di vendere il brevetto o di concederlo in licenza a terzi, ad esempio imprese.

Il ricercatore rimane il titolare esclusivo dei diritti derivanti dall’invenzione brevettata di cui è autore.

All’università spetta invece il diritto di percepire una quota compresa tra il 30% ed il 50% dei proventi derivanti dall’uso, commercializzazione o sfruttamento economico dell’invenzione.

Ricordiamo che, con il brevetto, il titolare acquista il diritto morale ad essere riconosciuto autore dell’invenzione ed il diritto patrimoniale esclusivo di sfruttamento economico dell’invenzione; il primo è intrasmissibile, mentre il diritto patrimoniale si può trasmettere a terzi.

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Avv. Daniela Pasquali
Dott. Enrico Palazzi

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